Il tribunale di Bergamo, con la sentenza n. 941 del 12 dicembre 2013, ha offerto una interpretazione estensiva del principio di automaticità delle prestazioni, che vige automaticamente nel rapporto tra lavoratore subordinato e datore di lavoro, da una parte, e l’ente previdenziale, dall’altro, per cui le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non sono stati effettivamente versati.
La Corte Costituzionale, a sua volta, è intervenuta sull’argomento ribadendo la valenza del principio, come regola generale, per tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per i lavoratori dipendenti, anche se l’articolo 2116 del Codice civile cita solo i rapporti di lavoro subordinato tra quelli rientranti nell'ambito di applicazione del principio dell'automaticità delle prestazioni.
Con la sentenza 941/2013 si offre una interpretazione nuova del dettato legislativo che, di fatto, prevede la tutela solo per i lavoratori subordinati, estendendola anche ai collaboratori non dipendenti.
Sottolineando la portata generale del principio e il fatto che la sua applicabilità potrebbe essere esclusa solo in presenza di una norma che espressamente lo preveda e considerando il fatto che la stessa Consulta ha sempre escluso l’incostituzionalità della norma stessa, la conclusione a cui giungono i giudici bergamaschi è che il principio di autenticità delle prestazioni può essere esteso anche in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, dal momento che il regime previdenziale di tali soggetti è assimilabile a quello dei lavoratori dipendenti.
Dunque, di fronte a situazioni identiche devono essere applicate regole uguali, altrimenti si incorrerebbe in una situazione di incostituzionalità della norma per violazione del principio di uguaglianza, di cui all’articolo 3 della Costituzione.