Con la pronuncia del 13 febbraio 2014, causa C-18/13, la Corte di giustizia europea interviene a chiarire il diritto fondamentale del sistema Iva, ossia la possibilità di effettuare la detrazione dell'imposta.
Posto che il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, va comunque considerato il rifiuto di concedere il beneficio quando l'operazione è frutto di abusi e viene posta in essere per raggirare le norme.
Pertanto, la Corte asserisce che il diritto a detrazione può essere negato ad un soggetto passivo se viene dimostrato oggettivamente che detto soggetto era a conoscenza che il proprio acquisto faceva parte di un’operazione da ascrivere come evasione Iva, commessa dal prestatore del servizio o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni o prestazioni.
In conclusione, ai sensi della direttiva 2006/112, uno stato membro può negare ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione Iva riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi, quando risulta che il servizio è stato fornito ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore - in quanto non disponevano del personale e delle risorse materiali e le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri – se emerge che tali fatti sono indicativi di un comportamento fraudolento e che è stato accertato, dalle autorità tributarie,che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione, di cui si intende detrarre l'Iva, rappresenta in realtà un’evasione fiscale.