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Trasferimento di sede all’estero. Chiarimenti di Assonime sul disallineamento temporale

Pubblicato il 21 febbraio 2014 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

A seguito della procedura di infrazione avviata contro l’Italia dalla Commissione europea, è stato introdotto nel nostro ordinamento un decreto attuativo del comma 2-quater dell’art. 166 del Tuir, che prevede la sospensione del regime della riscossione per le operazioni di trasferimento di residenza societaria in un altro Stato Ue oltre che per il trasferimento delle stabili organizzazioni (cosiddetta exit tax). 
Il presupposto per la sospensione della tassazione in uscita è che vi sia stato il trasferimento di sede all'estero della società con la conseguente perdita della sua residenza fiscale ai sensi dell’articolo 73, comma 3 del Tuir. 
Nel nostro ordinamento, però, si verifica spesso un certo disallineamento temporale tra ciò che accade dal punto di vista fiscale rispetto a ciò che avviene dal punto di vista civilistico nel momento in cui si mette in atto il suddetto trasferimento di sede all’estero. 
Se il trasferimento di sede avviene nella prima metà del periodo d’imposta, si configura una stabile organizzazione italiana del soggetto che si trasferisce, ai soli fini fiscali, e, dunque, si dà origine a quella che giuridicamente viene riconosciuta come una stabile organizzazione “iniziale”; differente da quella “finale” che rimane in Italia dopo la data di efficacia del trasferimento giuridico della sede. Se il trasferimento all’estero avviene, invece, nella seconda metà del periodo d’imposta, dalla data di efficacia giuridica si ha una stabile organizzazione ai soli fini civilistici e non fiscali, dato che la società si considera residente in Italia fino al termine del periodo d’imposta. 
Tale discordanza è stata spesso oggetto di dubbi interpretativi circa le norme da applicare. Assonime, con la circolare n. 5 del 20 febbraio 2014, dopo aver ripercorso l’evoluzione interpretativa che la tematica dell’exit tax ha registrato in sede comunitaria e nelle sentenze della Corte di Giustizia, ha fornito alcuni utili chiarimenti al riguardo. 
Per evitare che in caso di trasferimento all’estero di una società si possa incorrere nell’ipotesi della doppia tassazione o doppia esenzione, nel nostro ordinamento diventa determinante il momento del periodo d'imposta nel quale avviene il passaggio della sede oltre confine. È auspicabile, però, secondo Assomine, una revisione della disciplina interna, tenendo conto del fatto che nella maggior parte degli altri Paesi, il problema non sussiste, dato che la residenza si acquista o si perde nel momento in cui avviene il trasferimento giuridico nel territorio dello Stato oppure fuori di esso, senza dare rilevanza all’elemento temporale del maggior periodo d’imposta. 

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