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Maternità non può escludere da formazione

Pubblicato il 07 marzo 2014 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Per la Corte di Giustizia UE, l’art. 15 della Dir. 2006/54/CE su pari opportunità e parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, dev’essere interpretato nel senso che lo stesso osta a una normativa come quella italiana che, per motivi di interesse pubblico, esclude una donna in congedo di maternità da un corso di formazione professionale inerente al suo impiego ed obbligatorio per poter ottenere la nomina definitiva in ruolo e beneficiare di condizioni d’impiego migliori, pur garantendole il diritto di partecipare a un corso di formazione successivo, del quale tuttavia resta incerto il periodo di svolgimento. 

 Nel caso di specie, il datore di lavoro, in applicazione dell’articolo 10, comma 2, del D. Lgs. n. 146/2000, decorsi i primi 30 giorni del periodo di congedo di maternità ha dimesso la neomamma dal corso, con perdita della retribuzione, ammettendola a pieno diritto a frequentare il corso successivamente organizzato. 

 Per la Corte – sentenza del 6 marzo 2014, causa C-595/12 - è indubbio che l’esclusione dal corso di formazione professionale a causa del congedo di maternità abbia avuto un’incidenza negativa sulle condizioni di lavoro della madre in quanto i suoi colleghi ammessi al primo corso di formazione hanno avuto la possibilità di accedere - previo superamento dell’esame con cui si conclude la formazione - al superiore livello di carriera di vice commissario, percependo la retribuzione corrispondente a tale livello, prima della neo mamma. 

 Per i Giudici di Lussemburgo, per garantire l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne gli Stati membri dispongono di un certo margine per cui le autorità italiane potrebbero prevedere di conciliare l’esigenza di formazione completa dei candidati con i diritti della lavoratrice madre predisponendo, per la donna che rientra da un congedo di maternità, corsi paralleli di recupero tali da consentirle di sostenere l’esame in tempo utile senza essere sfavorita rispetto ai colleghi di sesso maschile vincitori dello stesso concorso. 

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