La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7108 del 26 marzo 2014, si è occupata di un licenziamento di un lavoratore intimato per assenza ingiustificata all’esito di un procedimento disciplinare.
Mancanza di prove
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità dichiarata dalla Corte d’appello in quanto il recesso difettava di prova delle assenze contestate.
Per gli Ermellini, infatti, il datore di lavoro - su cui a norma dell'art. 5 della Legge n. 604/1966 grava l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento - può limitarsi, nel caso in cui la giusta causa sia costituita dall’assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio, nella sua valenza di inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare, a provare l'assenza nella sua oggettività; invece, grava sul lavoratore l'onere di provare gli elementi che possono giustificare l'assenza ed in particolare la sua dipendenza da causa a lui non imputabile (Corte di Cassazione Sentenza n. 2988 del 07/02/2011).
Inoltre, solo la pacifica verifica dell’assenza esonera il datore di lavoro dall'onere della prova impostogli dall'art. 5 della citata legge (Corte di Cassazione, sentenza n. 8720 del 09/04/2009) comportando, dall'altra parte, che il lavoratore inadempiente possa liberarsi della responsabilità provando la non imputabilità della mancata prestazione.
Tuttavia, non è sufficiente dimostrare le assenze solo indicandole nell’atto di contestazione disciplinare, restando altresì irrilevante la mancata adduzione di giustificazioni da parte del lavoratore in sede disciplinare.