Seppure legittimo l’accertamento in presenza di un comportamento del contribuente giudicato assolutamente antieconomico, è altrettanto vero che di fronte alla contestazione di operazioni antieconomiche, l’Amministrazione finanziaria può rettificare l’Iva detratta sugli acquisti solo nel caso in cui si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni oppure di operazioni rientranti nella più ampia fattispecie dell’abuso di diritto.
A sancirlo la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10041 dell'8 maggio 2014.
Riacceso il dibattito sulla portata dell’elusione fiscale
La Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che aveva negato al contribuente la detrazione dell’Iva perché i prezzi di vendita praticati erano stati ritenuti troppo bassi rispetto a quelli di mercato e l’operazione in sé era stata considerata antieconomica.
Secondo i Supremi giudici, la regola dell’antieconomicità è propria dell’imposizione diretta e può essere estesa anche all’Iva solo se vengono osservati in materia tutti i principi enunciati dalla Corte di Giustizia Ue, che, in linea generale, non consentono alcuna limitazione al diritto di detrazione.
Di conseguenza, l’ufficio non può negare la detrazione Iva in presenza di una condotta antieconomica se non dimostra che quest’ultima si inserisce in un disegno più ampio di abuso di diritto.