L'atto di accertamento è nullo se non è firmato dal capo dell'ufficio e non viene provato in giudizio che il sottoscrittore era munito di regolare delega. Lo hanno precisato i giudici della Ctp di Reggio Emilia con la sentenza n. 187 del 22 aprile scorso, consolidando così sul punto l'orientamento dei giudici di merito.. La Commissione ha accolto i ricorsi, sulla base dei principi enunciati in varie occasioni dalla Suprema Corte in base ai quali “…in tema di rettifica ed accertamento Iva ai fini delle imposte dirette, l'avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell'articolo 42 del Dpr 29 settembre 1973, n.600, richiamato dall'articolo 56 del Dpr 26 ottobre 1972, n.633 (che opera un generale rinvio all'articolo 1 del Dpr n.600 del 1973), se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; in caso di contestazione, incombe all'agenzia delle Entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell'amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell'onere della prova non può subire eccezioni (cfr. sentenza n. 2013/14942 e sentenza n.2012/17400). Dall'applicazione del suddetto principio di diritto alla fattispecie in esame non può che conseguirne – hanno sostenuto i giudici emiliani - l'illegittimità degli atti impugnati e la fondatezza dei ricorsi dal momento che l'ufficio, cui incombeva l'onere della prova, non ha prodotto in giudizio alcuna delega. I giudici hanno pertanto accolto i ricorsi, annullando gli atti di accertamento.