La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12357 del 3 giugno 2014, ha confermato l’orientamento ormai consolidato in forza del quale il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro negli appalti "endoaziendali" - caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente - opera tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore - datore di lavoro - i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (ex multis: Cass. 5 ottobre 2002 n. 14302, Cass. 19 luglio 2007 n.16016, Cass. 13 marzo 2013 n. 6343).
Né, continua la Corte, è necessario per realizzare un'ipotesi di intermediazione vietata, che l'impresa appaltatrice sia fittizia, atteso che, una volta accertata l'estraneità dell’appaltatore all'organizzazione e direzione del prestatore di lavoro nell'esecuzione dell'appalto, rimane priva di rilievo ogni questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo (ex multis: Cass 20 maggio 2009 n. 11729, Cass. 6 aprile 2011 n. 7898, Cass. 28 marzo 2013 n. 7820).