La Corte Costituzionale, con sentenza n. 155/2014 depositata il 4 giugno 2014, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 4, lettera b), della Legge 4 novembre 2010, n. 183, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro.
Per il giudice delle leggi, la ratio di tale disciplina si rinviene in una pluralità di esigenze:
- quella di garantire la speditezza dei processi mediante l’introduzione di termini di decadenza in precedenza non previsti;
- quella di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dalla scadenza del termine apposto al contratto (va notato, al riguardo, che la controversia circa il carattere – legittimo o illegittimo – dell’apposizione del termine si risolve in una azione di accertamento della nullità parziale di una clausola del contratto, come tale imprescrittibile: art. 1422 cod. civ.);
- quella di pervenire ad una riduzione del contenzioso giudiziario nella materia in questione.
Più in particolare, l’applicazione retroattiva del più rigoroso e gravoso regime della decadenza alla sola categoria dei contratti a termine già conclusi prima dell’entrata in vigore della Legge n. 183/2010, lasciando immutato per il passato il più favorevole regime previsto per le altre ipotesi disciplinate dalla norma, non si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza.