Con la sentenza n. 226 del 25 luglio 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 5, della Legge n. 183 del 4 novembre 2010, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 13, della Legge n. 92 del 28 giugno 2012.
E’, quindi, legittima l’indennità prevista dal legislatore per il ristoro del pregiudizio subito dal lavoratore, in caso di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, fissata fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 18, Legge n. 604/1966.
L’indennità è omnicomprensiva anche delle conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
La norma, per il giudice delle leggi, è giustificata dall’obiettivo di:
- assicurare certezza nella quantificazione del risarcimento del danno spettante al lavoratore in caso di illegittima apposizione del termine al contratto;
- semplificare il contenzioso.