La rettifica per accertamento sintetico da redditometro può essere contrastata con la sola esibizione di documentazione bancaria che attesta il possesso prolungato di redditi esenti non risultanti dalla dichiarazione presentata. Il contribuente non deve per forza provare che l'acquisto di beni e servizi sia avvenuto proprio con tali somme. A stabilirlo la Cassazione con una sentenza del 6 agosto 2014.
Si consolida sempre più, dunque, il recente orientamento della giurisprudenza. Da ultimo espresso con la sentenza di Cassazione n. 8995/2014, in cui si chiarisce che il contribuente deve dimostrare che l'entità degli ulteriori redditi e la durata del loro possesso abbiano consentito il sostenimento delle spese considerate dall'ufficio. Tale orientamento reputa bastevole escludere che quel denaro sia stato investito in altro transitando solo temporaneamente sul conto corrente dell'accertato. Gli uffici, pertanto, non possono pretendere prova concreta dell'utilizzo dei disinvestimenti.