Con sentenza n. 20096 del 24 settembre 2014, la Corte di cassazione si è pronunciata in materia di studi di settore puntualizzando che le relative medie non costituiscono un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale è sufficiente argomentare quello ignoto da provare.
Le medie di settore, infatti, costituiscono il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, e sono inidonee, di per sé stesse, ad integrare gli estremi di una valida prova per presunzioni.
Conseguentemente, per giustificare il ricorso, in via analitico-induttiva, all'accertamento di maggiori redditi da parte del Fisco, è necessario che risulti la sussistenza, in concreto, di qualche ulteriore elemento individuabile, in particolar modo, nell'abnormità e nell'irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricavo applicata dal contribuente e la media di settore, tale da incidere sull'attendibilità complessiva della dichiarazione.
Il contribuente che non si presenta al contraddittorio ne subisce le conseguenze
Con altra pronuncia sempre depositata il 24 settembre 2014, la n. 20082, i giudici di Cassazione hanno, invece, confermato un accertamento fiscale basato esclusivamente sullo scostamento fra i redditi dichiarati e gli standard di settore.
Nel caso di specie, la Suprema corte ha ritenuto legittimo l'operato dell'ufficio finanziario in considerazione della circostanza che il contribuente non si era presentato all'incontro fissato per il contraddittorio e non aveva, quindi, nemmeno sollevato contestazioni in ordine allo scostamento rilevato.