Per la Corte di Cassazione (ex multis: Cass. 14.3.13 n. 6501; Cass. 8.2.11 n. 3038; Cass. 7.7.04 n. 12528; Cass. 4.5.02 n. 6420), il lavoratore che produca in una controversia di lavoro copia di atti aziendali riguardanti direttamente la propria posizione lavorativa non viene meno ai doveri di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c., poiché al diritto di difesa deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di riservatezza dell’azienda.
Sulla scorta di tale orientamento, la Suprema Corte, con la sentenza n 25682 del 4 dicembre 2014, ha affermato che il comportamento di un lavoratore che, per ottenere il riconoscimento di un inquadramento superiore, abbia prodotto nel corso di un giudizio documenti aziendali ritenuti riservati, non integra il concetto di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, rispondendo la condotta in questione alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto e, quindi, essendo coperta dalla scriminante prevista dall’art. 51 c.p., di portata generale nell’ordinamento e non già limitata al mero ambito penalistico (e su ciò dottrina e giurisprudenza sono da sempre concordi).
Chiariscono gli Ermellini che la valenza generale, nell’ordinamento giuridico, della scriminante dell’esercizio del diritto di difesa assorbe ogni altra considerazione sulla natura riservata o meno dei documenti.