L’Agenzia delle Entrate è stata interpellata da un contribuente persona fisica, non esercente alcuna attività di lavoro autonomo o di impresa, che aveva stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di una unità abitativa, per conoscere quale fosse l’esatto trattamento tributario da applicare alla cessione del contratto preliminare di compravendita di un immobile.
A causa delle mutate condizioni del mercato immobiliare, l’istante ha infatti deciso di non procedere con l'acquisto e di voler cedere lo stesso contratto preliminare.
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 6 del 19 gennaio 2015, si esprime sul trattamento fiscale da applicare al corrispettivo ricevuto che eccede l’acconto versato in sede di stipula del contratto preliminare di acquisto.
Nel documento di prassi si specifica che il contratto preliminare obbliga i contraenti a stipulare un successivo contratto; dunque, esso non produce “effetti reali” ma solo “effetti obbligatori”, quale, per esempio, quello per il cedente di non essere presente al momento della stipula del contratto definitivo.
Ne deriva che la plusvalenza relativa alla cessione di un contratto preliminare di acquisto di un immobile non rientra nella fattispecie prevista dal comma 1, articolo 67 del Dpr 917/1986, bensì tra i redditi diversi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
L’Agenzia, però, non si limita solo a fornire un chiarimento sulla tipologia di reddito che determina la cessione, ma indica anche qual è il calcolo da fare per individuare la plusvalenza tassabile. È specificato, infatti, che la plusvalenza da assoggettare a tassazione è quella calcolata in base all’articolo 71, comma 2, del Tuir e, quindi, è data dalla differenza tra l’importo ricevuto e quanto versato in sede di preliminare.