Nel question time del 25 febbraio 2015, il sottosegretario all’economia, Enrico Zanetti, rispondendo alle interrogazioni parlamentari sollevate in Commissione finanze della Camera scioglie alcuni dubbi sull’utilizzabilità dei dati acquisiti irritualmente negli accertamenti fiscali e sull’utilizzo dello strumento del ravvedimento da parte del contribuente.
Utilizzabili i dati rubati negli accertamenti fiscali
Zanetti conferma i contenuti del documento presentato dal relatore e ribadisce l’utilizzabilità dei dati in possesso dell’Amministrazione finanziaria acquisiti in modo straordinario e non conforme alla prassi. Il giudice relatore ha, infatti, proposto la fondatezza della richiesta avanzata dall’Amministrazione finanziaria di poter accertare un contribuente con tutti i dati conosciuti, anche se si è venuti in loro possesso in modo straordinario (si veda il caso dei dati provenienti da liste rubate, come la lista Falciani ed altre ancora).
Il documento del relatore sarà portato il prossimo 15 aprile dinanzi le Sezioni unite della Corte di Cassazione, che molto probabilmente confermerà la posizione del giudice così da mettere un punto fermo, sia nella giurisprudenza di merito che di legittimità, a favore del Fisco circa l’utilizzo delle prove irritualmente raccolte e l’impiego dei dati “illegalmente formati”, ai sensi dell’articolo 240, comma 2, del Codice di procedura penale.
Nel frattempo che la Suprema Corte deciderà nel merito della questione, il Governo ha ricordato che la procedura di collaborazione volontaria per regolarizzare patrimoni detenuti illecitamente all’estero “non può essere attivata dai contribuenti che abbiano avuto la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura”.
Dunque nessuna possibilità di sanatoria per i contribuenti inseriti nella lista Falciani e già a conoscenza di attività di controllo a loro carico da parte dell’Agenzia delle Entrate. Se tali soggetti richiedessero comunque di aderire alla voluntary disclosure, presentando l’istanza di ammissione entro il prossimo 30 settembre, incorrerebbero nel reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero, che la legge n. 186/2014 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Ravvedimento
Il controllo formale oppure automatizzato su un contribuente non preclude allo stesso di utilizzare lo strumento del ravvedimento. Sarà sempre possibile, infatti, avvalersi della possibilità di ravvedersi per regolarizzare spontaneamente altre violazioni, che non rientrano direttamente nella procedura di liquidazione.
Analogamente, però, la decisione volontaria del contribuente di regolarizzare non lo mette al riparo da ulteriori accertamenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, che di fatto mantiene il potere di evidenziare altre irregolarità, non rientranti direttamente nel ravvedimento spontaneo.
Zanetti ha poi specificato che non è possibile rateizzare le somme dovute a titolo di ravvedimento dal momento che, secondo il sottosegretario, “l'istituto si perfeziona nel momento esatto in cui il contribuente esegue il pagamento del tributo, della sanzione ridotta e degli interessi, pertanto, la regolarizzazione non avviene gradualmente nel tempo, ma è invece istantanea”.
Certificazione unica
Chiarito anche il nodo dell’invio della Cu da parte del sostituto d’imposta. La scadenza del 9 marzo per l’invio telematico al Fisco deve essere rispettata solo se i sostituti d'imposta hanno erogato nel 2014 ai lavoratori redditi imponibili. In caso di erogazione da parte dei sostituti d’imposta ai loro dipendenti anche di altri tipi di redditi esenti, si avrà facoltà di scegliere se inviare o meno la certificazione. Dunque, in presenza di percettori titolari di partita Iva o di redditi esenti, il sostituto può rimandare l’invio della Cu oltre la scadenza del 9 marzo, senza rischio di sanzioni.