Con sentenza n. 12531 del 25 marzo 2015, la Corte di cassazione ha confermato la condanna per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti impartita nei confronti del legale rappresentante di una cooperativa a.r.l. a cui era stato contestato di aver indicato nella dichiarazione annuale relativa all'Iva di cui al periodo di imposta 2006, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, il tutto per un ammontare di 400mila euro.
L'uomo, nel corso dei due precedenti gradi del processi, aveva sempre ammesso di aver materialmente posto in essere la condotta contestatagli, negando, tuttavia, di aver intenzionalmente evaso l'imposta in quanto l'utilizzazione delle fatture era giustificata con la necessità di dover compensare il mancato pagamento delle fatture attive emesse nei confronti di diversi clienti inadempienti, non più recuperabili.
Sulla base di questa stessa argomentazione, l'imputato ha poi proposto ricorso dinanzi i giudici di legittimità ma tale doglianza è stata ivi ritenuta infondata.
Recupero dell'imposta ancorato all'infruttuoso esperimento di procedure esecutive
E ciò in considerazione della circostanza che, nel caso in esame, il ricorrente non aveva mai dedotto di aver azionato i propri crediti, nemmeno con procedure monitorie.
Il legislatore - ha precisato la Corte - prevede sì meccanismi di recupero dell'imposta successivamente rivelatasi inesigibile per il mancato pagamento del corrispettivo fatturato, ma tali meccanismi, tuttavia, devono essere ancorati a dati oggettivi incontrovertibili come l'infruttuoso esperimento di procedure esecutive che, a loro volta, presuppongono l'avvenuto esercizio dell'azione civile per la tutela giudiziaria del credito.
Pertanto - conclude la Suprema corte - la scorciatoia della creazione ad hoc di false fatture per ottenere un risultato che, in mancanza di deduzioni sulla tutela giudiziaria dei crediti, è oltretutto incerto, è da ritenere inammissibile.
Ciò per due ordini di ragioni: il risultato perseguito non è affatto scontato; non è ammissibile ricorrere ad una azione criminosa per conseguire un risultato lecito per il quale, oltretutto, l'ordinamento contempla strumenti idonei allo scopo.