La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6266 del 27 marzo 2015, ha sostenuto che, qualora le parti, al momento della stipula del contratto, abbiano pattuito nello stesso una retribuzione risultante dalla maggiorazione del 5% rispetto alla retribuzione erogata a quello di un altro lavoratore dipendente della stessa azienda, deve escludersi che abbiano inteso in tal modo attribuire al lavoratore un automatico adeguamento alle maggiorazioni successivamente attribuite all’altro collega.
Nel caso di specie, per gli Ermellini, la Corte d'Appello, ha correttamente rilevato che, mentre il riconoscimento della retribuzione iniziale del dirigente ricorrente è commisurato - con una maggiorazione - alla retribuzione erogata al direttore commerciale, il richiamo non è destinato ad operare in senso dinamico, con riferimento cioè ai successivi adeguamenti della retribuzione nel tempo, in quanto le parti hanno previsto che la retribuzione del dirigente debba essere ripartita tra gli elementi previsti dal contratto collettivo e - per la differenza accordata in più - da un superminimo non assorbibile rispetto alla dinamica evolutiva del contratto.
Quindi, la scissione della retribuzione in parte contrattuale e superminimo e, per altro verso, la previsione di un adeguamento della stessa secondo un meccanismo autonomo rispetto alla dinamica salariale della retribuzione del direttore commerciale, fanno escludere che le parti abbiano inteso richiamare la retribuzione parametro anche per l'evoluzione della dinamica salariale.