Con studio n. 24 – 2015/T approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nella seduta del 6/7 maggio 2015, è stato affrontato il complesso tema della divisione ed assegnazione di beni in comunione sia in ipotesi successorie che non successorie e delle eventuali ripercussioni di natura fiscale.
Lo scioglimento della comunione, infatti, comporta solitamente l'emersione di criticità – soprattutto in presenza di atti dichiarativi – per quanto concerne l'applicazione delle norme tributarie.
Lo studio ha innanzitutto chiarito come la divisione sia assoggettata ad imposta secondo le regole degli atti dichiarativi, quando riguardi una massa di beni acquisiti mediante un unico titolo e quando vi sia proporzionalità alle quote di diritto.
I problemi sorgono tuttavia, quando il Fisco effettua delle rettifiche sulla base di valutazioni differenti rispetto a quanto dichiarato dai comunisti; il che comporta l'emersione dei c.d. "conguagli fittizi".
A tal proposito – ha chiarito lo studio – i conguagli eccedenti il 5% rispetto alla quota di diritto, sono assoggettati all'aliquota applicata alle transazioni mobiliari, mentre quelli superiori al 5%, all'aliquota applicabile alle transazioni immobiliari.
Per quanto concerne le divisioni non ereditarie, è preferibile far riferimento ad ipotesi di comunioni di beni nascenti da unico titolo, posto che in caso di riunione volontaria di più masse, vi è solitamente il rischio di una maggiore tassazione. A tal proposito, lo studio elenca una serie di frequenti casistiche di "comunione non ereditaria", in cui la comunione è per l'appunto da ritenersi "unica".
Per quanto concerne la divisione ereditaria, il Testo Unico sull'imposta di registro prende in considerazione più masse ereditarie, se l'ultimo titolo intervenuto è un atto tra vivi.
Dette disposizioni tributarie, tra l'altro, non tengono conto del fenomeno della "collazione" (così facendo risultare, ai fini fiscali, una minor assegnazione al conferente ed una maggiore assegnazione all'altro condividente) e considerano "conguaglio" l'accollo di debiti ereditari.
Infine – rileva lo studio – nell'asse ereditario netto non si tiene conto, ai fini dell'imposta di successione, di eventuali beni non assoggettabili a tributi, che pur vanno necessariamente inseriti nella dichiarazione.