L’istanza di rimborso del tributo versato per errore deve essere presentata all’ufficio entro 48 mesi dal pagamento dell’obbligazione non dovuta. In tal caso, infatti, non trova applicazione la prescrizione ordinaria decennale, ma l’articolo 38 del D.P.R. 602/1973. È quanto precisato dai giudici di legittimità con la sentenza 16617/2015. Ricorreva per cassazione la contribuente, eccependo – ex articolo 360 cpc, comma 1, n. 3 – violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, per non aver, i giudici di secondo grado, riconosciuto l’applicabilità del termine di prescrizione ordinario decennale: la Corte suprema, con la sentenza 16617 dello scorso 7 agosto, ha rigettato il ricorso.
Come in altre occasioni statuito dalla Corte di cassazione, in tema di rimborso dei versamenti effettuati dal contribuente, il termine di decadenza, previsto dall’articolo 38 del D.P.R. 602/1973, ha valenza generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento risulti in tutto o in parte non dovuto, riguardante errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’an o al quantum del tributo (Cassazione, 11987/2006).
Invero, la normativa di cui al richiamato articolo 38 dispone che - sottolineano i giudici di legittimità - il soggetto che ha effettuato il versamento diretto (non preceduto, cioè, come nel caso di specie, da un atto impositivo) ha l’onere di presentare, al competente ufficio finanziario, un’apposita istanza di rimborso entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, “nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale del relativo obbligo”.
Ebbene, come precisato dalla Corte, non può dubitarsi che in tale nozione di “inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento” rientri anche il caso di pagamento eseguito erroneamente perché non dovuto per carenza della supposta obbligazione tributaria e, quindi, anche l’ipotesi dell’indebito oggettivo.