Con sentenza n. 20736 depositata il 14 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha respinto il ricorso di un lavoratore, volto al riconoscimento del danno biopsichico per non aver mai fruito del riposo compensativo (ex art. 49 D.p.r. 333/1990), a fronte dei turni di reperibilità svolti in coincidenza delle giornate festive.
Reperibilità, qualitativamente diversa dalla prestazione lavorativa
La Cassazione, nel contrastare le censure del ricorrente, ha dato conferma ad un consolidato arresto giurisprudenziale, secondo cui la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva, si configura quale prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa rispetto a quella lavorativa, in quanto consistente nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizioni di essere prontamente rintracciato, fuori dal proprio orario di servizio, in vista di una prestazione di lavoro. Pertanto, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, dal giudice, nonché, il diritto ad un giorno di riposo compensativo.
Pregiudizio concreto da provare
Tuttavia – ha chiarito la Cassazione – la mancata concessione del riposo compensativo a fronte della reperibilità, non è idonea di per sè ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico fisica) da fatto illecito o inadempimento contrattuale, risarcibile, eventualmente, solo in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, su cui grava l'onere di specifica deduzione probatoria; onere nella fattispecie non sufficientemente adempiuto.