Affinchépossa dirsi integrato il reato di cui all’articolo 55 del Decreto legislativon. 231/2007, in capo all’intermediario che ometta di indicare le generalità delsoggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indicafalse, è sufficiente il dolo generico, la circostanza, ossia, che l’esecutoreometta intenzionalmente di procedere all’identificazione personale, per comerichiesta dall’articolo 18 e sanzionata dall’articolo 55 del Decreto citato,senza che sussista una causa di giustificazione.
La fiducia non giustifica la verifica"inadeguata"
E’quanto puntualizzato dai giudici di Cassazione nel testo della sentenza n.46415 del 23 novembre 2015 e con cui, in particolare, è stato escluso chepotesse essere considerata alla stregua di una causa di giustificazione neitermini sopra riferiti, la fiducia che l’intermediario – nella specie dueimpiegate delle Poste – riponeva nel soggetto – una consulente – che avevapresentato la richiesta di prestito per conto altrui.
LaSuprema corte ha spiegato che quella che le imputate avevano definitosemplicemente come una condotta “irregolare”, era, in realtà, “l’”in sé” dellanormativa antiriciclaggio, che prescrive a soggetti che si trovino ad essereintermediari di danaro, obblighi particolarmente rigorosi in relazioneall’identificazione dei soggetti che partecipano a transazioni”, come quella dispecie.