Con sentenza 47016 depositata il 26 novembre 2015, la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di somme di cui ai conti correnti intestati ad una s.r.l., venendo indagati i rispettivi legali rappresentanti per associazione a delinquere finalizzata ad emissione di fatture false e dichiarazioni fraudolente ex art. 8 D.Lgs 74/2000.
La Cassazione. In particolare, ha dichiarato inammissibile il ricorso degli indagati avverso la disposta misura cautelare, ritenendoli privi di legittimazione ad agire.
A tal riguardo, ha rammentato che, ai sensi dell'art. 322 c.p.p., la legittimazione a proporre il riesame avverso il decreto di sequestro preventivo, spetta al soggetto a cui le cose sono state sequestrate, ovvero, a colui che avrebbe diritto alla loro restituzione. A detto ultimo soggetto, infatti, va riconosciuta una posizione giuridica autonoma, suscettibile di tutela e coincidente quindi con un diritto soggettivo reale, anche solo personale o semplicemente con una situazione di mero rapporto di fatto con la cosa, tuttavia tutelato.
Legittimata al riesame la società, non i rappresentanti indagati
Ne consegue che, nel caso di specie, legittimata a proporre il riesame avverso il sequestro è la sola società a cui i beni sono stati sequestrati, in qualità di terza interessata, la cui posizione processuale va nettamente distinta da quella dei singoli rappresentanti indagati/ imputati.
Impugnazione inammissibile, senza procura della società
Pertanto, la richiesta degli indagati non trova in tale sede accoglimento – concludono gli ermellini – in quanto gli stessi, in qualità di legali rappresentanti, non hanno conferito autonoma procura legale al difensore affinché proponesse riesame in nome e per conto della società. Così configurandosi, ex art. 591 c.p.p., inammissibilità dell'impugnazione perché proposta da soggetto non legittimato.