Il Ministero del Lavoro, con interpello n.8/2016, ha affermato che i contratti di prossimità non possono modificare l’importo della retribuzione imponibile minima da utilizzare ai fini previdenziali.
Sulla materia, scrive il Ministero, si è espressa anche la Corte di Cassazione, affermando che “una retribuzione (...) imponibile non inferiore a quella minima (è) necessaria per l’assolvimento degli oneri contributivi e per la realizzazione delle finalità assicurative e previdenziali, (in quanto), se si dovesse prendere in considerazione una retribuzione imponibile inferiore, i contributi determinati in base ad essa risulterebbero tali da non poter in alcun modo soddisfare le suddette esigenze” (Cass. Sez. Un. civ. n. 11199/2002).
Qualora non si rispettino gli obblighi relativi alla determinazione della retribuzione imponibile indicati dalle L. n. 338/1989 e n. 549/1995, rispetto ai quali un contratto di prossimità non può validamente derogare, sarà evidentemente negata anche la fruizione dei benefici normativi e contributivi.