Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 8/2016, dal 6 febbraio 2016 non è più perseguibile penalmente chi non versa i contributi previdenziali, se tale omissione non supera la soglia di 10.000 euro annui.
L’art. 3, co. 6 del D.Lgs. n. 8/2016 interviene a sostituire il comma 1 bis dell’art. 2 del D.L. n. 463/83, che puniva con la reclusione fino a tre anni, prima dell’intervento di riforma, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
Nella nuova formulazione in vigore dal 6 febbraio 2016, la perseguibilità penale dell’illecito (ancora con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro) è confermata soltanto quando l’omesso versamento delle ritenute è riferito ad un importo superiore a 10.000 euro annui. Al di sotto di tale soglia, l’omissione è punita soltanto con una sanzione amministrativa pecuniaria, da individuarsi tra il minimo di 10.000 ed il massimo di 50.000 euro, limiti individuati dalla nuova disposizione.
Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Le nuove norme dunque non hanno depenalizzato tout court l’omesso versamento degli importi dichiarati come ritenuti dalla retribuzione a titolo previdenziale ed assistenziale, ma hanno introdotto un duplice regime, dipendente dalla soglia dei 10.000 euro annui, il cui superamento conferma la natura penale dell’illecito. Al di sotto di tale importo si applica soltanto la sanzione amministrativa pecuniaria, nei limiti degli importi introdotti dalla nuova norma.