La circolare n. 4/E/2016 ha indicato i criteri generali per l’applicazione del «favor rei». Tuttavia, in assenza di concreti esempi, rimangono ancora questioni irrisolte. Sicuramente tra le più frequenti c’è l’ipotesi di dichiarazione infedele in presenza di fatture false. La nuova norma dispone una riduzione della sanzione prevendendola dal 90 al 180%, rispetto alla precedente dal 100 al 200%, introducendo però un’aggravante (ossia l’aumento della metà della predetta sanzione) allorché la violazione sia realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa, artifici o raggiri ovvero condotte simulatorie o fraudolente. Tale nuova previsione ha già determinato più di un dibattito, poiché secondo vari uffici, in questi casi, non è possibile applicare la nuova sanzione ridotta. La tesi è fondata sul presupposto che il confronto, ai fini del «favor rei», deve tener conto anche della nuova aggravante prevista per l’utilizzazione di fatture false, con la conseguenza che la nuova sanzione sarebbe peggiorativa rispetto alla precedente. Applicando però i principi generali, così come richiamati anche nella circolare n. 4/E/2016, non dovrebbero esserci dubbi che il predetto confronto va effettuato sulla parte di sanzione «coincidente», secondo la quale la pena risulta più favorevole, mentre l’aggravante, prima non prevista, è applicabile solo per il futuro. Un’altra questione ancora irrisolta riguarda il trattamento Iva nelle ipotesi di fatture false sulle quali è stato applicato un regime di non imponibilità o reverse charge. Altro elemento dubbio riguarda la nuova recidiva in base alla quale risulta obbligatorio (prima era discrezionale) l’aumento della metà della sanzione edittale nel caso in cui nel triennio precedente il contribuente sia incorso in violazioni della stessa indole.