L’infruttuosità del prestito può essere provata in qualsiasi modo e l’indicazione in bilancio non è l’unico mezzo con cui è possibile provarne la gratuità. Questa la conclusione della norma di comportamento 194 dell’Aidc che analizzando le disposizioni contenute negli articoli 45 e 46, Tuir (e anche nell’articolo 89) ricostruisce l’esatto percorso che occorre seguire per dare corretta applicazione alle stesse (percorso che non sempre è seguito in sede di controllo delle posizioni dei contribuenti). La norma di comportamento individua, nell’ipotesi di versamento/finanziamento da parte dei soci le regole fiscali applicabili. Tale fattispecie deve essere analizzata con riguardo, in primis, all’articolo 46, Tuir che introduce una presunzione al fine di individuare la natura, o meglio il titolo, delle somme erogate. Lo stesso prevede che le somme versate dai soci si considerano date a mutuo se dai bilanci non risulta che le stesse siano date ad altro titolo. Quindi è introdotta una presunzione che può essere superata solo mediante il mezzo di prova espressamente indicato (indicazione in bilancio). La consapevolezza che, in forza della previsione di cui all’articolo 1815, cod. civ., l’onere probatorio circa l’infruttuosità del mutuo ricade necessariamente sulle parti contraenti permette di sottolineare la rilevanza della scelta del mezzo che si intende adottare a tal fine (non tralasciando il fatto che lo stesso potrebbe essere utile anche nei rapporti tra le parti). Tali mezzi di prova aventi ad oggetto la pattuizione di infruttuosità del finanziamento del socio (persona fisica o giuridica) potrebbero utilmente anche contenere le motivazioni economiche che giustificano la scelta effettuata, al di fine contrastare eventuali contestazioni circa la non economicità dei comportamenti adottati con conseguente presunta riqualificazione degli stessi.