L’articolo 86, Tuir disciplina la tassazione delle plusvalenze patrimoniali dei beni d’impresa diversi da quelli che originano ricavi. L’ammontare delle stesse, costituito dalla differenza fra il corrispettivo conseguito e il costo non ammortizzato, è totalmente assoggettato a Ires, salva la possibilità di rateizzazione in 5 anni in caso di possesso triennale. In questa disciplina rientrano anche le plusvalenze derivanti dalle cessioni di immobili e di aziende che richiedono una disamina aggiornata alla luce delle recenti modifiche apportate dal D.Lgs. 147/2015. In tali casi, infatti, vanno considerate le possibili ripercussioni che si determinano fra due ambiti impositivi differenti, quello delle imposte indirette (registro) e quello delle dirette (Ires e Irap). L’articolo 5, comma 3, D.Lgs. 147/2015 che ha introdotto una norma di interpretazione autentica, valida quindi pure per il passato e sui contenziosi in essere (CTP Caserta 6578/02/15), in base alla quale la determinazione delle plusvalenze ai fini Ires e Irap in caso di cessione di immobili e aziende non può basarsi soltanto sui valori (accertati, dichiarati o definiti) ai fini del registro e delle imposte ipocatastali. A seguito delle modifiche lo scostamento fra valore e prezzo può giustificare un accertamento da parte dei verificatori ai fini delle imposte dirette laddove: il corrispettivo sia inferiore al valore normale; venga accertato un comportamento antieconomico del venditore non supportato da motivazioni di difficoltà finanziaria in grado di giustificare una “svendita” dell’immobile o dell’azienda; vi sia un finanziamento contratto dall’acquirente superiore al corrispettivo dichiarato; alcune movimentazioni bancarie in prossimità dell’atto non appaiano del tutto giustificabili.