Il falso in bilancio “valutativo” non è stato abrogato dalla riforma del 2015. Resta in piedi come delitto punito dall’articolo 2621, cod. civ., ancorché amputato del riferimento alle valutazioni, ogni volta che l’impresa si sia «discostata consapevolmente e senza darne adeguata giustificazione» dai criteri di valutazione fissati dalle norme civilistiche e dalle prassi contabili generalmente accettate, «in modo concretamente idoneo a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni». Questo è il verdetto pronunciato ieri pomeriggio dalle sezioni unite penali della Cassazione, sul presupposto che il bilancio è il documento contenente tutte le valutazioni sulla vita dell’impresa e sui «fatti materiali» che la riguardano. Pertanto, è impossibile privare di rilevanza penale questa essenziale dimensione valutativa dei conti annuali. La valutazione non può trasformarsi in una scommessa o in pronostico ma dev’essere rigorosamente ancorata ai criteri generalmente riconosciuti in questa materia. Chi voglia disancorarsene deve darne una spiegazione articolata.