La mancata registrazione della fattura di acquisto sembra determinare, automaticamente, la “perdita” del diritto alla detrazione, ma non è così. Lo chiarisce anche la giurisprudenza recente, con una serie di sentenze poste a salvaguardia del principio di neutralità. È questo un principio caratterizzante l’Iva anche a livello comunitario, che si traduce in concreto con il meccanismo della detrazione, grazie al quale i soggetti passivi (imprenditori, professionisti, eccetera) possono “recuperare” il tributo addebitato dai propri fornitori. La lettura e l’interpretazione letterale dell’articolo 25, D.P.R. 633/1972 (registrazione degli acquisti) unitamente all’articolo 19, sembrerebbe precludere il diritto alla detrazione dell’Iva nell’ipotesi di omessa registrazione delle fatture, ma la giurisprudenza si è pronunciata in senso opposto. La disposizione citata prevede espressamente che il contribuente deve annotare le fatture «anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta». La mancata registrazione del documento sembra così determinare, automaticamente, la “perdita” del diritto alla detrazione del tributo. La conclusione risulta tra l’altro confermata da un orientamento della Corte di Cassazione anche laddove la fattura di acquisto sia annotata in altri registri (sentenze n. 28333/2005 e n. 11109/2003). Questo orientamento, però, è piuttosto risalente. Al contrario, una pronuncia più recente della Cassazione (la sentenza n. 18925/2015) si è espressa in chiave favorevole al contribuente. In buona sostanza la Corte ha affermato che, se l’operazione è vera, e la circostanza risulta anche dimostrata dalla mancanza di contestazioni, l’omessa registrazione rappresenta una mera irregolarità formale che non può pregiudicare l’esercizio del diritto di detrazione.