La contestazione del diritto alla detrazione è legittima solo se l’inosservanza dei requisiti formali previsti dalla normativa interna impedisca al fisco di verificare la sussistenza di quelli sostanziali. L’accertamento di tali presupposti concerne, in prima battuta, la verifica che l’operazione si sia effettivamente realizzata. La Cassazione (sentenza n. 18925/2015) ha sostenuto che – in mancanza di contestazioni circa l’effettività dell’operazione – il diritto alla detrazione non può essere messo in discussione neanche nel caso di omessa registrazione dell’acquisto, qualificando tale condotta come mera irregolarità formale. In sostanza, l’omessa registrazione della fattura di acquisto sui registri Iva non è di per sé rilevante. Al contrario, il disconoscimento del diritto alla detrazione diventa possibile solo nel caso in cui il contribuente non riesca a dimostrare in altro modo l’inerenza dell’operazione e, soprattutto, che la stessa sia stata effettivamente realizzata. Un punto di partenza per la dimostrazione dell’effettività dell’operazione potrà consistere nell’esibizione dell’avvenuto pagamento con uno strumento in grado di assicurarne la tracciabilità (bonifico bancario, assegno non trasferibile eccetera). Tuttavia, il solo pagamento non rappresenta di per sé una condizione sufficiente a provare che l’operazione sia stata effettivamente compiuta. La giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 15228/2001) ha attribuito alla produzione degli assegni bancari la medesima validità probatoria dell’emissione della fattura. La medesima valenza probatoria deve essere riconosciuta alle eventuali quietanze di pagamento rilasciate dai fornitori. Un ulteriore elemento di prova a sostegno dell’effettività dell’operazione potrà essere rappresentato, in riferimento all’acquisto di merci, dal relativo documento di trasporto.