Il diritto del contribuente al contraddittorio anticipato appare ancora lungi dal trovare generale affermazione nell’ordinamento italiano. Mentre la Corte di giustizia UE considera il contraddittorio anticipato come principio generale e diritto fondamentale, diverso orientamento è stato recentemente manifestato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24823/2015. Pur prendendo atto della divergenza tra normativa UE e normativa interna, le Sezioni Unite assumono che, per i tributi non armonizzati, non sussista un obbligo generalizzato dell’Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale pena l’invalidità dell’atto, ma ciò sia prescritto solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Non troverebbe così applicazione il diritto del contribuente al contraddittorio anticipato in relazione ai tributi non armonizzati. In proposito la Commissione dell’Aidc sezione di Milano per l’esame della compatibilità UE delle leggi tributarie italiane ha formulato le seguenti riflessioni. Un principio generale che trovi applicazione soltanto per alcune ipotesi appare in certa misura in contraddizione. E ancora: questo diritto al contraddittorio anticipato trova specifica affermazione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 41) - che dal 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha lo stesso effetto giuridico vincolante dei Trattati - accanto ad altri principi e diritti derivanti dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri, tra cui l’Italia, come sancito nel Preambolo. Appare allora lecito domandarsi perché, a parità di premesse, ossia la compresenza tanto nell’ordinamento UE che in quello nazionale di questi principi, ne consegua un effetto diverso, ovvero il riconoscimento a livello generale del contraddittorio anticipato nella UE e il suo riconoscimento solo parziale nell’ordinamento nazionale.