Il contribuente può ritrattare la dichiarazione a suo favore soltanto entro l’anno successivo, utilizzando il credito che ne emerge in compensazione; l’Amministrazione finanziaria può invece effettuare (ora) gli accertamenti entro il quinto successivo (tralasciando le precedenti disposizioni – interpretate spesso fantasiosamente da taluni giudici - sul raddoppio dei termini). Se il contribuente vuol fare valere situazioni a suo favore oltre l’anno successivo, non gli rimane, quindi, che l’istanza di rimborso (ex articolo 38, D.P.R. 602/1973), quando però ciò risulta possibile. Senza considerare che, di fronte a un istanza di rimborso, segue spesso il diniego o il silenzio-rifiuto, per cui poi il contribuente si trova costretto ad andare davanti ai giudici tributari (magari fino in Cassazione). Questo il desolante “specchio”, derivante dalla sentenza a Sezioni Unite 13378/16 della Corte di Cassazione, in cui risulta riflessa l’immagine di un sistema fiscale poco credibile e sul quale aleggia, inesorabile, la “solita ombra” delle esigenze di cassa.