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CIG: il costo dipende dal suo utilizzo

Pubblicato il 01 settembre 2016 Il Sole 24 Ore ; Italia Oggi

La riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (D.Lgs. n. 148/2015), entrata in vigore dal 24 settembre 2015, ha modificato radicalmente il vecchio impianto normativo; infatti, all’ampliamento dei soggetti tutelati si

contrappone un sistema che si muove su logiche differenti e che, in conseguenza di alcune modifiche degli istituti e dei nuovi e maggiori costi aziendali, incide sulle relazioni industriali determinando un diverso e innovativo modo di intendere e

utilizzare gli strumenti di sostegno al reddito.


La durata complessiva dei trattamenti (Cigo e Cigs) è ridotta a 24 mesi nel quinquennio mobile (erano 36 in quello fisso); non è possibile autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo di quelle lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione.


Con il nuovo impianto normativo, anche gli apprendisti, ancorché alla sola tipologia del professionalizzante, possono accedere alla CIG. Inoltre, è stato unificato il prelievo, sia per la Cigo che per la Cigs, e la misura è molto pesante. Le aziende, infatti, sono chiamate a pagare un contributo pari al 9% calcolato sulla retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse regolarmente lavorato nelle ore oggetto di integrazione salariale, concessa per 52 settimane in un quinquennio mobile.


Se la Cig (ordinaria o straordinaria) è, invece, concessa per 104 settimane, nel medesimo arco temporale, il contributo sale al 12 %, per attestarsi al 15% nei casi in cui l’intervento interessi un periodo più ampio. In pratica, chi più usa, più paga.

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