Per la cessione di un ramo di azienda, per il passaggio dei lavoratori dal cedente al cessionario, senza il loro consenso, deve essere provata l’autonomia funzionale del complesso aziendale trasferito che deve sussistere già al momento dello scorporo.
Il ramo deve essere in grado di svolgere lo stesso servizio eseguito prima della cessione, senza continuare a dipendere dal cedente e senza la necessità di integrazioni rilevanti da parte del cessionario.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17366/2016, ha respinto il ricorso promosso da una società telefonica contro la sentenza di merito che ha annullato il contratto di cessione di una propria divisione aziendale, mediante il quale ha ceduto a un’impresa esterna il ramo addetto alla fornitura dei servizi di back office (reclami, variazioni, subentri), gestione dei rapporti con i clienti e gestione credito.
Il D.Lgs. n.276/03 ha ribadito e sottolineato che costituisce elemento costitutivo della fattispecie della cessione d’azienda l’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi (Cass. n. 5425/15, n. 25229/15, n. 8759/14, n. 2766/13, n. 22613/13, n. 21711/12).
Il fatto che la norma rimetta al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che ne costituisce l’oggetto, non significa che sia consentito di rimettere ai contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo, così facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale apprezzabile da un punto di vista oggettivo.
Il requisito della preesistenza del ramo e dell’autonomia funzionale nella previsione si integrano quindi reciprocamente, nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacità di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione.
La disposizione legittima quindi anche la cessione di un ramo “dematerializzato” o “leggero” dell’impresa, ovvero nel quale il fattore personale sia preponderante rispetto ai beni, quando però il gruppo di lavoratori trasferiti sia dotato di un particolare know how, e cioè di un comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche, tale che proprio in virtù di esso sia possibile fornire lo stesso servizio (Cass. n. 21917/13 e 15690/09).