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Referendum sul lavoro: le sentenze su voucher, responsabilità solidale e art. 18

Pubblicato il 30 gennaio 2017 Il Sole 24 ore;Italia Oggi


Con le sentenze n. 26, 27 e 28, del 27 gennaio, la Corte Costituzionale ha dichiarato, rispettivamente, l’inammissibilità del referendum relativo alla modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori in quanto propositivo e non abrogativo e l’ammissibilità del quesito sulla responsabilità solidale negli appalti e di quello sull’eliminazione dei voucher. La Corte ha, inoltre, ritenuto che i due ultimi quesiti vertono su materie ammesse dall’art. 75 della Costituzione e sono formulati in maniera chiara, univoca, ed organica e sono finalizzati ad un chiaro intento abrogativo.


Il quesito posto all’attenzione della Corte, sull’inammissibilità del referendum per il ripristino della tutela reale in caso di licenziamento illegittimo (art. 18 Statuto dei Lavoratori) e l’estensione del suo ambito di applicazione, era teso, per un verso, ad abrogare le modifiche apportate alla norma, dal D. Lgs. 23/15 e, in particolare, a ripristinare la reintegra sul posto di lavoro quale sanzione per i licenziamenti illegittimi, in luogo del ristoro economico introdotto dal predetto decreto quale unica conseguenza e, per altro verso, ad applicare per la prima volta la tutela reale della reintegra a qualunque datore di lavoro che occupi, complessivamente, più di cinque dipendenti, eliminando la attuale previsione che ne limita la portata solo a quelli che abbiano più di quindici dipendenti.


La Corte, con la sentenza . 26/2017 ha dichiarato inammissibile il quesito:

1) in quanto “manipolativo”, ossia perché, contrariamente alla funzione meramente abrogativa prevista dall’art. 75 della Costituzione, esso, per come redatto dai proponenti, diventava un quesito “propositivo”, in quanto, ove ammesso e positivamente votato dal corpo elettorale, non avrebbe espunto una norma dall’Ordinamento, ma avrebbe creato un assetto normativo sostanzialmente nuovo, in violazione della predetta norma costituzionale;


2) per difetto di univocità e di omogeneità. Secondo la Corte, le due distinte norme oggetto dell’unico quesito, anche se riguardano entrambi i licenziamenti individuali illegittimi, sono differenti, sia per i rapporti di lavoro ai quali si riferiscono (iniziati prima o dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 23/15), sia per il regime sanzionatorio previsto.


Le richieste abrogative che li riguardano sono perciò disomogenee e suscettibili di risposte diverse. Infatti, il votante potrebbe volere l’abrogazione del Decreto citato, rifiutando le innovazioni apportate dallo stesso all’art. 18, senza però volere allo stesso tempo anche la sua estensione nei termini sopra esposti.


Il secondo quesito posto all’attenzione della Corte era riferito all’abrogazione di parte dell’art. 29.2, del D. Lgs. 276/03, che disciplina la responsabilità solidale di committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori (rispetto a questi ultimi soltanto nel limite, decadenziale, di due anni dalla cessazione dell’appalto) per i crediti retributivi, previdenziali e assicurativi dei lavoratori impiegati in appalti di opere o di servizi.


La Corte con la sentenza n. 27/2017 ha dichiarato ammissibile il quesito in quanto caratterizzato dai requisiti di chiarezza, univocità e omogeneità richiesti dalla propria giurisprudenza ai fini dell’ammissibilità.


Il quesito riguarda infatti un unico istituto giuridico (la responsabilità solidale negli appalti a tutela dei lavoratori in essi impiegati), interamente disciplinato dal comma in questione, e propone l’eliminazione di due corpi di disposizioni autonome.


L’abrogazione riguarda la deroga, oggi concessa alla contrattazione collettiva, in ordine al regime di responsabilità solidale e la disciplina processuale dell’azione esperibile dal lavoratore. Il tutto, lasciando in vigore la disciplina sostanziale della responsabilità solidale negli appalti, comprensiva degli obblighi tributari e dell’azione di regresso del committente.


Quindi, il votante, è posto davanti ad un quesito chiaro ed univoco, che incide su profili accessori e non essenziali rispetto alla disciplina della solidarietà per le obbligazioni relative a crediti maturati dal prestatore impiegato nell’appalto (che risponde alle regole generali di cui agli artt. 1292 e seguenti del codice civile.


Il terzo quesito posto all’attenzione della Corte è volto all’abrogazione degli artt. 48 e 49 del D. Lgs. 185/16 in materia di lavoro accessorio e dell’art. 50 del D.Lgs. 81/15 relativo di disciplina dei “voucher”.


Il quesito è stato dichiarato ammissibile. La Corte, nella sentenza n. 28/2017 , ha ritenuto che il quesito non riguarda disposizioni “costituzionalmente necessarie”, in quanto relativo alla materia del lavoro occasionale, che deve trovare obbligatoriamente una disciplina normativa.

Secondo la Corte, l’evoluzione dell’istituto, nel superare i caratteri di occasionalità dell’esigenza lavorativa per la quale era sorto, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da altri strumenti e, quindi non necessario.


Infine, il quesito rispetta anche le indicazioni della propria giurisprudenza sulla sua necessaria chiarezza, omogeneità e univocità.

Nello specifico, secondo la Corte, “non vi sono dubbi in ordine al fatto che la domanda proposta (…), sia espressione di una matrice razionalmente unitaria, essendo l’intento referendario quello di abrogare nella sua interezza l’attuale disciplina del «lavoro accessorio»”.

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