L’importante novità dell’integrativa a favore utilizzabile anche oltre l’anno ha certamente prodotto come effetto principale quello dell’allungamento dei termini per porre rimedio a errori e omissioni che hanno determinato il versamento di maggiori imposte o l’emersione di minori crediti. Termini che ora arrivano addirittura fino al momento dell’accertamento e del contenzioso. Tuttavia attorno a queste novità vi sono ancora degli aspetti dubbi e poco chiari. L’attuale formulazione del comma 8 non distingue più tra dichiarazione integrativa “a favore” o “a sfavore”, in quanto il termine ora per entrambe è unico e coincide con quello per l’accertamento. L’unico limite imposto è previsto dal successivo comma 8-bis, secondo cui per le integrative presentate “oltre l’anno” il relativo credito che emerge può essere usato in compensazione a partire dal periodo d’imposta successivo e con i debiti maturati nello stesso (ai sensi dell’articolo 17, D.Lgs. 241/1997, la cosiddetta compensazione orizzontale in F24). Tuttavia, dall’analisi delle istruzioni al modello SC 2017 per le società di capitali sembrerebbe che il credito emerso, prima di poter essere utilizzato liberamente, debba essere compensato con eventuali debiti della stessa natura emergenti dal modello SC 2017. Manca, infatti, un rigo in cui indicare l’eventuale credito già utilizzato prima della presentazione della dichiarazione. Coerentemente con le regole generali che ora consentono di presentare dichiarazioni integrative a favore in maniera libera (articolo 8, comma 2, D.P.R. 322), il contribuente che – ad esempio – rileva un errore nel calcolo delle imposte 2013 potrebbe presentare l’integrativa per Unico 2014 (2013), riportare tale credito in Unico 2015 (2014) e, infine, in Unico 2016 (2015), creando in questo modo un continuum.