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L’antieconomicità va sempre dimostrata

Pubblicato il 28 febbraio 2017 Il Sole 24 ore;Italia Oggi

Molte volte i rapporti tra i professionisti e la società di servizi riconducibile agli stessi vengono contestati anche in ragione di una presunta antieconomicità. L'antieconomicità è questione che – per consolidata giurisprudenza – va inquadrata nel principio dell'inerenza. L'inerenza rappresenta, sia nella determinazione del reddito d'impresa che in quello di lavoro autonomo, la regola che identifica il necessario collegamento che vi deve essere tra un componente economico e l'attività esercitata. È lecito affermare che la possibilità di dedurre i componenti negativi di reddito non rappresenta una norma di favore, ma è legata all'esigenza di misurare la capacità economica del presupposto d'imposizione. Così l'inerenza può essere definita quel collegamento che vi deve essere tra i vari componenti, sia positivi che negativi, con la funzione economica svolta (imprenditoriale o professionale). Se non c'è questo collegamento con l'attività, queste poste non possono essere considerate inerenti. Di conseguenza, se l'ufficio nega completamente la deduzione di un componente negativo di reddito in quanto ritenuto antieconomico, e quindi non inerente, deve allegare i fatti e descrivere le ragioni per le quali la spesa non presenta un collegamento con l'attività esercitata. Per l'inerenza quello che rileva è se il componente economico, generalmente la spesa o il costo, ha un collegamento o meno con l'attività esercitata, che è una questione valutativa. Di conseguenza, le parti hanno, più propriamente, un onere di allegazione dei fatti posti a fondamento delle proprie tesi. L'ufficio deve quindi allegare, nell'atto di accertamento, i fatti e le ragioni per le quali ritiene che determinati componenti economici non hanno alcun collegamento con l'attività, mentre il contribuente, da parte sua, dovrà allegare i fatti e le ragioni per le quali ritiene che gli stessi componenti hanno un legame con l'attività.

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