La Corte di cassazione con la sentenza dell'11 maggio 2017, numero 11561 esplora il rapporto tra inadempimento contributivo, obbligo sanzionatorio ed effetti della constatata regolarità della posizione contributiva come accertata in sede ispettiva (ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, comma 20 della legge 335/1995).
In particolare, secondo quest'ultima norma (come modificata dall'articolo 3 del Dl 318/1996), nel caso di attestata regolarità risultante da accertamenti ispettivi, ovvero di regolarizzazione conseguente all'accertamento ispettivo, gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi ai periodi di paga anteriori alla data dell'accertamento medesimo non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive: la documentazione presa in considerazione in detta sede non può essere riesaminata e rimessa in discussione, se non risultano nuovi elementi sopravvenuti (tra i quali possono includersi le denunce del lavoratore: si veda Cassazione 18034/2014).
Il nodo della controversia è proprio questo: nell'ipotesi in cui il funzionario di vigilanza Inps abbia attestato l'avvenuto pagamento delle somme pretese dall'istituto, sia pure in ritardo (in sede di regolarizzazione), scatta comunque l'obbligo sanzionatorio, oppure l'avvenuta regolarizzazione preclude a nuove contestazioni (nel caso di specie erano state iscritte a ruolo somme per sanzioni civili legate al ritardo nella stessa regolarizzazione)?
Sul punto, opportunamente, la Cassazione distingue tra il semplice ritardo, rispetto alla scadenza dei termini di legge, nel pagamento di contributi previdenziali, e l'ipotesi indicata nell'articolo 3 comma 20 della legge 335/1995, dove la preclusione su quanto già oggetto di ispezione riguarda nuove contestazioni. In altre parole, occorre distinguere tra nuovi accertamenti ispettivi sul medesimo fatto già oggetto di ispezione e ritardo nel pagamento di contribuzione obbligatoria accertata come dovuta.
Non vi è quindi alcun nuovo accertamento, ma la semplice applicazione della regola alla base del meccanismo sanzionatorio, in base alla quale le somme aggiuntive, in caso di pagamento dei contributi in ritardo, sono comunque dovute (al di là delle ipotesi esonerative o di riduzione indicate dalla legge).
Nel caso in cui vi fosse stata una nuova ispezione, con riconsiderazione dello stato degli adempimenti contributivi, si sarebbe potuto parlare di violazione dell'articolo 3, comma 20, ma la verifica del ritardo nella regolarizzazione di per sé importa l'applicazione delle somme aggiuntive sanzionatorie.
Ed è qui che rileva la natura delle sanzioni in questa materia, analoga e omogenea a quella dei contributi. Non si tratta, infatti, di somme il cui obbligo di pagamento è legato a stati soggettivi, ma di obbligazioni che sorgono automaticamente in conseguenza dell'inadempimento, in funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva e di predeterminazione del danno (oggettivo) scaturito dal mancato rispetto del termine di legge per il pagamento dei contributi.
Si prescinde quindi da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo dell'autore dell'inadempimento (elemento che vale, semmai e indirettamente, al fine di stabilire in che misura possa parlarsi di evasione anziché di omissione contributiva), tanto è vero che la giurisprudenza sul punto ha escluso che la mancata cooperazione del creditore Inps nell'agevolazione del pagamento possa escludere la ricorrenza dell'obbligo.