Secondo il diritto comunitario, una dipendente in stato di gravidanza può essere licenziata solo se sussiste “un caso eccezionale” che non sia collegato alla maternità: tale caso eccezionale può non consistere in una procedura di licenziamento collettivo. Questa una delle conclusioni pronunciate dall’Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea, nella causa C-103/16, che vede un’azienda spagnola procedere, sentite le parti sindacali, al licenziamento collettivo stabilendo i criteri per la scelta dei lavoratori da licenziare.
Tra i licenziati è stata compresa anche una dipendente che al momento della ricezione della lettera di licenziamento si trovava in stato interessante, ed ha presentato ricorso contro l’atto di licenziamento.
Nel caso in questione la Corte è chiamata ad interpretare il divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti, di cui all’articolo 10 della direttiva sulla maternità, in particolare si chiede di fornire sentenza su detto divieto in combinato disposto con la direttiva sui licenziamenti collettivi nel caso di una procedura di licenziamento collettivo.
Secondo l’Avvocato generale, ai sensi della direttiva sulla maternità, non ogni licenziamento collettivo si può considerare come un caso eccezionale. Spetterà al giudice nazionale valutare le singole situazioni in cui il licenziamento collettivo presenta caratteri tali da consentire che si possa derogare al divieto di licenziamento delle lavoratrici madri.
Inoltre per far ricorso a tale deroga, non deve esistere alcuna possibilità di riassegnare la lavoratrice a un altro posto di lavoro adeguato alla sua condizione.
Conclude, l’Avvocato generale, che, ai sensi dell’articolo 10, punto 2, della direttiva 92/85, il preavviso di licenziamento deve contenere i giustificati motivi relativi ai casi eccezionali non connessi alla gravidanza che consentono il licenziamento.