La lavoratrice in gravidanza non può essere licenziata (e fino alla fine del primo anno di vita del bambino) anche nel caso di licenziamento collettivo qualora il datore di lavoro chiuda il solo reparto in cui presta attività la dipendente. Solo in caso di cessazione dell’intera attività aziendale è possibile porre in mobilità la lavoratrice.
E’ quanto riportato nella sentenza n. 22720 del 28 settembre 2017 emessa dalla Corte di cassazione, in cui si affronta il tema dibattuto della liceità del licenziamento della lavoratrice in gravidanza.
La Corte intende seguire l’orientamento espresso dalla medesima nella pronuncia 10391/2005 ricordando che, ai sensi del Dlgs 151/2001, è possibile collocare in mobilità la lavoratrice madre solo in caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda, potendo così sottrarsi al divieto di licenziamento. Ciò, però, rappresenta una eccezione ad un principio di carattere generale e pertanto la stessa può essere interpretata solo in senso stretto, senza possibilità di interpretazioni estensive od analogiche.
In conclusione, la deroga al divieto di licenziamento può operare solo di fronte alla cessazione dell’attività dell’intera azienda e non può considerarsi tale la sola chiusura del reparto di contact center dell’azienda al quale la lavoratrice è addetta.