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Quando il furto di modesta entità è causa di licenziamento

Pubblicato il 06 novembre 2017 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Il furto di beni del valore di 10 euro costituisce giusta causa di licenziamento.

La Cassazione, con la sentenza 24014 del 12 ottobre 2017, è tornata a occuparsi della questione – molto dibattuta – dei furti di beni di modico valore da parte dei dipendenti e lo ha fatto uniformandosi a un orientamento che sembrava ormai da tempo minoritario.

Secondo la Corte infatti, «la modesta entità del fatto può essere ritenuta non tanto con riferimento alla tenuità del danno patrimoniale, quanto in relazione all'eventuale tenuità del fatto oggettivo, sotto il profilo del valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore e, quindi, alla fiducia che nello stesso può nutrire l'azienda».


Perché vi sia giusta causa, pertanto, è necessario e sufficiente che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e dell'elemento essenziale della fiducia, cosicché la condotta del dipendente sia idonea a mettere in dubbio la futura correttezza del suo adempimento. Il carattere fraudolento, nella specie doloso e premeditato, della condotta del lavoratore è stato ritenuto sintomatico della sua, anche prospettica, inaffidabilità e idoneo a incidere sull'elemento fiduciario, nonostante la modesta entità del danno patrimoniale e la mancanza di precedenti disciplinari.


La pronuncia citata si discosta da un orientamento opposto della Cassazione stessa, espresso in numerose altre decisioni meno recenti tra cui la sentenza 24530 del 2 dicembre 2015, la Corte ha stabilito che la condotta del dipendente che aveva anche nascosto l'oggetto a una prima verifica non conferisce all'episodio un carattere di particolare gravità che determina la rottura del vincolo fiduciario e legittima la sanzione espulsiva. In assenza di precedenti disciplinari, la giusta causa è stata ritenuta insussistente.


Sulla stessa linea anche la sentenza 15058 del 17 luglio 2015, con cui veniva dichiarata l'illegittimità del licenziamento di un lavoratore per giusta causa per essersi appropriato di alcuni prodotti del supermercato presso cui lavorava. Le infrazioni addebitate – sostiene la Corte – non sono di gravità tale da minare in modo irrimediabile il rapporto fiduciario tra le parti. In proposito la pronuncia ha accertato la particolare tenuità del danno, trattandosi di beni di scarso valore commerciale e consumati sullo stesso luogo di lavoro senza occultarli o altre precauzioni sintomatiche della consapevolezza dell'illiceità della condotta.


Conformi a questo orientamento le sentenze 854 del 20 gennaio 2015, 17739 del 29 agosto 2011, 13161 del 16 giugno 2011.

Di segno opposto, invece, le sentenze 25186 del 7 dicembre 2016, 6219 del 18 marzo 2014 e 5036 del 2 marzo 2009.

In una tale situazione di incertezza una pronuncia delle Sezioni Unite per dirimere i dubbi degli interpreti sembra opportuna.


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