Per recuperare gli importi arretrati di assegni nucleo familiare (Anf) superiori a 3.000 euro erogati ai propri dipendenti, a partire da questo mese i datori di lavoro devono obbligatoriamente avvalersi della procedura di regolarizzazione del flusso uniemens. È quanto ha spiegato l’Inps nel messaggio 4283/2017, messaggio abbastanza criptico e di poche righe, con cui viene annunciato l’utilizzo di una nuova procedura per gli Anf arretrati di importi consistenti.
Secondo quanto chiarito dall’istituto di previdenza, appositamente interpellato dal Sole 24 Ore, il flusso mensile da regolarizzare è quello del mese in cui avviene l’erogazione da parte del datore di lavoro. Pertanto se, ad esempio, l’erogazione di Anf di 4.000 euro avviene con il cedolino paga di novembre, il flusso uniemens da variare inserendo l’importo di 4.000 euro con il codice L036, è quello di novembre stesso.
Questa indicazione consente quindi di variare anche il primo flusso del dipendente neo assunto, che nel mese dell’assunzione richiede arretrati di Anf per il periodo precedente (nei limiti della prescrizione quinquennale).
Sembrerebbe, ma qualche dubbio ancora permane, che in questa situazione il codice del recupero L036 debba essere inserito solo in sede di variazione del flusso, e non anche nel flusso originariamente trasmesso (neppure per importo fino a 3.000 euro).
Quella che l’Inps descrive con poche righe come una facile procedura è in realtà molto rischiosa e complessa per le aziende, posto che la procedura di regolarizzazione, che l’istituto non ha mai diffusamente descritto in alcuna circolare dedicata, espone sempre i datori di lavoro sia a rallentare considerevolmente i tempi del recupero degli assegni anticipati al dipendente, che a rischiare errori nella predisposizione dei flussi di variazione, con connessa emissione di un Durc irregolare.
La regolarizzazione, precisa l’Inps, deve avvenire secondo le indicazioni del messaggio 4973/2016, e cioè inviando in via preventiva all’istituto, attraverso il cassetto previdenziale, la richiesta di un ticket, con allegata la documentazione comprovante la necessità di variare il flusso (domande Anf presentate dal dipendente).
Che l’obiettivo di questa modifica procedurale sia di intensificare i controlli, ma anche rallentare i tempi di recupero, è abbastanza evidente nonché confermato dallo stesso istituto di previdenza. Ma che le esigenze di verifica debbano sempre passare attraverso i datori di lavoro, sobbarcandoli di ulteriori oneri “rischiosi” (procedura di regolarizzazione) non è corretto, in quanto l’Inps potrebbe conseguire lo stesso risultato imponendo al lavoratore interessato una procedura di richiesta telematica con preventiva autorizzazione.
In questo modo il datore di lavoro non rischia di anticipare somme importanti a titolo di arretrati Anf i cui tempi di effettivo recupero non sono prevedibili, considerato che le tempistiche delle regolarizzazioni contributive sono assolutamente incerte.