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Regole differenziate per la compatibilità della Naspi con i redditi percepiti in ambito societario

Pubblicato il 28 novembre 2017 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Chiarire le differenti ipotesi di compatibilità tra Naspi e contestuale percezione di redditi derivanti dallo svolgimento di attività in ambito societario: è uno dei contenuti della circolare Inps 174 del 23 novembre.


Più in particolare per i redditi derivanti dallo svolgimento delle funzioni di amministratore, consigliere e sindaco di società il limite è pari a 8.000 euro, corrispondente al reddito minimo personale escluso da imposizione (Inps, messaggio 2028/2015).


L'articolo 50 del Tuir, infatti, considera tali redditi assimilabili ai redditi di lavoro dipendenti: si applica, pertanto, la disposizione di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 22/2015 che, in ipotesi di coesistenza Naspi e lavoro dipendente, impone il rispetto del limite indicato. Il titolare dell'indennità deve comunicare all'Inps, a pena di decadenza, l'inizio della nuova attività entro un mese, dichiarando il reddito atteso. In ogni caso la Naspi è ridotta all'80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio del contratto di lavoro subordinato e la data in cui termina il periodo di godimento dell'indennità o, se antecedente, la fine dell'anno.


La contribuzione Ivs per l’attività subordinata non dà luogo ad accrediti contributivi ed è riversata integralmente alla gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti. È comunque utile sia ai fini dei requisiti per l'accesso, sia ai fini della determinazione della durata di una eventuale nuova prestazione di disoccupazione Naspi.


Analoga situazione si verifica allorché il socio di società di persone o di capitale instauri con la società un rapporto di lavoro subordinato. Se il socio percepisce solo redditi di capitale, invece, la indennità di disoccupazione è percepibile per intero.


Diverso il caso dei soci (e loro familiari), nonché soci accomandatari, che svolgano la loro attività con carattere di abitualità e prevalenza all'interno della società e siano iscritti alla gestione artigiani o commercianti: in questo caso, trattandosi di redditi da lavoro in forma autonoma o di impresa, si applica l'articolo 10 del menzionato decreto legislativo 22/2015 il quale stabilisce per la compatibilità un limite di reddito pari a euro 4.800.


Alla medesima regola sono soggetti i soci della società di capitali che, pur non avendo la piena responsabilità giuridica e indipendentemente dalla qualifica di amministratore, esercitino in modo personale, continuativo e prevalente l'attività prevista dall'oggetto sociale. Anche in tali casi il beneficiario dell'indennità deve, a pena di decadenza dalla percezione della medesima, informare l'istituto di previdenza entro un mese dall'inizio della attività circa il reddito annuo che prevede di conseguire, procedendo ad una dichiarazione (cosiddetta “a montante”) nel caso la previsione si modifichi in corso d'opera.


Non risulta invece applicabile il predetto articolo 10 in ipotesi di soci di società per azioni o in accomandita per azioni. In tali casi, infatti, non c'è obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale degli artigiani o dei commercianti. I rispettivi redditi, pertanto, rientrano nell'ambito di quelli da capitale e il beneficiario conserva per intero la prestazione.

 

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