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Contributi dovuti sulla transazione azienda-dipendente se collegata al rapporto di lavoro

Pubblicato il 06 dicembre 2017 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

La Cassazione, con la sentenza 23 novembre 2017, numero 27933, torna sulla questione dell'assoggettabilità a contribuzione delle somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore in occasione di accordi transattivi in margine ad un rapporto di lavoro. Lo fa con una pronuncia che, sebbene confermi l'orientamento ormai consolidato, offre degli spunti di interesse nella parte in cui indica alcuni criteri per la valutazione del collegamento tra le somme corrisposte in seguito alla transazione e il rapporto di lavoro sottostante.


È infatti questo il nodo principale da sciogliere in queste controversie. Posto che la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro è estranea al rapporto previdenziale, per valutare l'assoggettamento a contribuzione delle somme erogate in adempimento di un accordo transattivo è necessario verificare non solo se manchi uno specifico nesso di corrispettività, ma anche se risulti un titolo autonomo diverso e distinto dal rapporto di lavoro che ne giustifichi la corresponsione. In altri termini, solo se la transazione risulta completamente scollegata dal preesistente rapporto di lavoro non è soggetta a contribuzione previdenziale.


La pronuncia della Cassazione si basa su tali principi, che rilegge alla luce del duplice regime normativo applicabile in punto di retribuzione imponibile. Nella versione originaria dell'articolo 12 della legge 153/1969, norma che individua la base imponibile ai fini del pagamento della contribuzione previdenziale, costituiva retribuzione tutto ciò che il lavoratore ha diritto di ricevere dal datore di lavoro (Cassazione 17670/2007), nel senso che l'obbligazione contributiva appare del tutto insensibile al rispetto degli obblighi retributivi da parte del datore o alla volontà abdicativa degli stessi espressa dal lavoratore.


Ciò è comprensibile avuto riguardo alla natura dell'obbligazione contributiva, caratterizzata da una marcata connotazione pubblicistica, non derogabile o disponibile da accordi stipulati dalle parti private. Del resto, anche il Dlgs 2 settembre 1997, numero 314 (in vigore dal 1° gennaio 1998) all'articolo 6, nel riformare l'articolo 12 citato, prevede al punto 4 l'esclusione dalla base imponibile delle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché delle somme la cui erogazione trae origine dalla cessazione del rapporto.


In entrambi i regimi normativi, dunque, diventa essenziale comprendere quando le somme versate a titolo di transazione siano ricollegabili direttamente al rapporto di lavoro (ossia quando il negozio transattivo modifichi il rapporto controverso senza demolirlo), e quando invece traggano origine e causa direttamente dall'accordo transattivo, tenendo presente la funzione della transazione novativa, che è proprio quella di far subentrare una diversa regolamentazione rispetto a quella prevista nel rapporto sottostante. Dunque non solo l'assenza di un nesso di corrispettività, ma anche l'esistenza di un titolo autonomo, diverso e distinto dal rapporto di lavoro.


Diventa allora decisivo individuare i criteri e gli indizi che possano consentire nel modo più agevole possibile l'emersione, all'interno di un accordo transattivo, delle voci che hanno sicura natura retributiva, sicuramente collegabili con il rapporto di lavoro base, al fine di stabilirne l'assoggettamento ad imposizione contributiva.


Nel caso specifico il giudizio di non imponibilità delle somme è stato raggiunto sulla base di alcune circostanze in fatto, che possono comunque risultare utili e indicative di un percorso logico praticabile anche in situazioni diverse e più generali. Ad esempio la circostanza che altri lavoratori, colleghi dei ricorrenti, avessero, in passato, formulato in via stragiudiziale analoghe rivendicazioni rispetto a quelle portate aventi dai ricorrenti (che nella controversia in questione avevano chiesto espressamente l'accredito contributivo relativo alle somme percepite in sede di conciliazione con il datore di lavoro all'esito di un precedente contenzioso); il riconoscimento di diritti al risarcimento dei danni alla professionalità e all'immagine in relazione a scelte del datore di lavoro; la rinuncia a una serie indefinita di emolumenti indicati a titolo esemplificativo e non esaustivo; l'identità delle somme ricevute da ciascun lavoratore ricorrente; la corresponsione di una somma una tantum completamente svincolata rispetto alle richieste articolate su più anni e oggetto della controversia di lavoro chiusa in sede conciliativa; la qualificazione, ad opera delle parti, dell'accordo espressamente come transazione novativa. Per la posizione dell'Inps sul tema si veda la circolare 16 gennaio 2014, numero 6


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