Il divieto di discriminazione fondata sull’età non osta ad una disposizione nazionale, che subordina il differimento della data di cessazione di attività dei lavoratori che hanno raggiunto l’età di pensionamento prevista dalla legge al consenso accordato dal datore di lavoro per un periodo determinato; è quanto ha dichiarato la corte di Giustizia UE nella causa C-46/17con sentenza del 28 febbraio 2018.
La questione riguarda un dipendente in qualità di docente a contratto che, nell’avvicinarsi all’età normale di pensionamento, ha chiesto di poter continuare a lavorare oltre a tale termine. La città ha accettato di prorogare il suo contratto fino alla fine dell’anno scolastico 2014/2015 e successivamente ha respinto l’ulteriore domanda di proroga fino al termine del primo semestre dell’anno scolastico 2015/2016, ritenendo che la durata determinata della proroga accordatagli fosse contraria al diritto dell’Unione.
La Corte di Giustizia UE ha rilevato che la normativa non sfavorisce i soggetti che abbiano raggiunto l’età pensionabile, rispetto a quelli che non l’hanno ancora raggiunta e costituisce una deroga al principio della cessazione automatica del rapporto di lavoro quando il lavoratore abbia raggiunto l’età normale di pensionamento. In pratica è consentito di differire la data di cessazione del rapporto di lavoro a più riprese, senza condizioni né limiti di tempo. La prosecuzione del rapporto di lavoro, in ogni caso, non può avvenire senza accordo tra le due parti contrattuali.
Inoltre la Corte ha evidenziato che, l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, non osta a una disposizione nazionale, che permette alle parti del contratto di lavoro di differire senza limiti di tempo, di comune accordo ed eventualmente anche più volte, la data di cessazione del contratto per il solo fatto che il lavoratore, con il raggiungimento dell’età normale di pensionamento, ha diritto alla pensione di vecchiaia.