L’imposta sostitutiva del 10% sui premi di produttività può essere applicata anche in occasione del pagamento degli acconti, a condizione che in quel momento sia riscontrabile un incremento degli obiettivi in linea con l’accordo sindacale. Il datore di lavoro cioè si assume la responsabilità sul raggiungimento delle finalità dell’accordo.
Si può applicare l’imposta sostitutiva anche se il premio risulta differenziato in ragione della retribuzione annua oppure dell’appartenenza a un determinato settore aziendale. E, ancora, se il premio è subordinato al raggiungimento di diversi obiettivi tra loro alternativi, l’imposta sostitutiva è legittima se il lavoratore raggiunge almeno uno di essi.
L’agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/2018, risolve molti dubbi sorti nelle aziende.
Il limite di importo detassabile di 3mila euro (o 4mila, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori) deve essere riferito al periodo di imposta e in questo limite va computato qualunque premio percepito dal dipendente, anche se sotto forma di partecipazione agli utili o di benefit detassati, a prescindere dal fatto che siano erogati in base a contratti diversi o da diversi datori di lavoro o che abbiano avuto differenti momenti di maturazione. Inoltre, il premio può essere differenziato per i dipendenti sulla base di criteri di valorizzazione della performance individuale.
La circolare chiarisce anche il “periodo congruo” su cui misurare le performance: la durata è fissata dalla contrattazione collettiva e può essere annuale, infrannuale (esempio, un semestre) o ultrannuale.
Un paragrafo della circolare è dedicato ai premi erogati dalle aziende che sono prive di rappresentanza sindacale.
In questo caso, l’azienda potrà comunque recepire il contratto territoriale di settore, dandone comunicazione ai lavoratori, e applicare l’imposta sostitutiva sui premi di risultato erogati in esecuzione di tale contratto territoriale. Nell’ipotesi in cui il settore sia privo di accordo, l’azienda potrà adottare il contratto territoriale che ritiene più aderente alla propria realtà.
La circolare si occupa della corretta applicazione della norma di interpretazione autentica, che dunque vale e sana anche il passato, contenuta nella legge di Bilancio 232/2016 che riconosce alla contrattazione collettiva, di primo e di secondo livello, territoriale o aziendale, la possibilità di identificare opere e servizi che il datore di lavoro può erogare ai dipendenti (articolo 51, lettera f del Tuir). L’Agenzia, in un’ottica estensiva, ha ritenuto che gli accordi possano prevedere anche opere e servizi contenuti nelle lettere f-bis (servizi di educazione e istruzione per i familiari), f-ter (servizi di assistenza ai familiari anziani) e f-quater (premi e contributi per assicurazioni contro la non autosufficienza).
Sulla detassazione degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale o interregionale, l’Agenzia spiega che l’esclusione si applica sempreché il datore di lavoro conservi la documentazione a riprova dell’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con la finalità per le quali sono state corrisposte. È irrilevante che le somme erogate siano a copertura totale o parziale del costo dell’abbonamento. La circolare precisa anche che non possono essere considerati abbonamenti (e quindi sono esclusi dal beneficio fiscale) eventuali biglietti che hanno una copertura pluri-giornaliera o le carte di trasporto che contengono anche servizi integrati.