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Dipendente inabile al lavoro: legittimo il licenziamento in assenza di ricollocazione

Pubblicato il 06 aprile 2018 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Il licenziamento di un lavoratore del tutto inabile al lavoro, in seguito ad una patologia tumorale, nel caso di specie sorta a causa della continua e prolungata esposizione alle esalazioni dei carburanti è legittimo a condizione che non sia possibile: a) ricorrere ad una nuova attività meno rischiosa per il dipendente; b) optare per impieghi alternativi ed adeguatamente soddisfacenti per l’impresa. A precisarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8419 depositata il 5 aprile 2018.


Un dipendente assunto in qualità di benzinaio, era licenziato dal datore di lavoro, a causa della sua inabilità al lavoro dovuta allo sviluppo di una neoplasia, legata all’esposizione alle esalazioni dei carburanti.

Il lavoratore impugnava il provvedimento, richiedendo la reintegra e la corresponsione di un’adeguata indennità risarcitoria. Il Tribunale accoglieva le doglianze, annullando il licenziamento. La decisione era completamente riformata dai giudici della Corte di Appello, che rilevavano la legittimità dell’interruzione del rapporto di lavoro. I giudici, infatti, riscontravano che nella contrattazione collettiva non esisteva la figura del benzinaio self, ossia un addetto chiamato ad assistere gli automobilisti che effettuano il rifornimento in self-service, con una ridotta esposizione agli agenti patogeni; peraltro non era possibile alcuna sostituzione con gli altri colleghi, data la scarsità dell’organico aziendale ed alla pari la necessità di non esporre ad un rischio maggiore gli altri dipendenti. Avverso tale sentenza la difesa del lavoratore proponeva ricorso in Cassazione.


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 8419, depositata il 5 aprile 2018, ha rigettato il ricorso presentato dal benzinaio.

In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, è legittimo il licenziamento in assenza di una previsione da parte del contratto collettivo nazionale, di una mansione differente.


Il datore di lavoro, prosegue la Corte, in casi similari è chiamato ad adibire il lavoratore a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, alle condizioni che: a) la diversa attività è utilizzabile dall’impresa secondo l’assetto organizzativo; b) il nuovo adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall’interesse del lavoratore. Questo, puntualizzano i giudici della Corte, non determina l’insorgere di un obbligo di adozione di particolari misure tecniche, per favorire l’accettazione della nuova prestazione lavorativa, da parte di soggetti, che vada oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge.



Nel caso di specie il licenziamento intimato era del tutto legittimo in quanto: il CCNL non prevede la mansione di benzinaio self, l’organico aziendale relativo a quell’area di servizio non consentiva sostituzioni né surrogazioni ed in ultimo la possibilità di rendere una prestazione parziale non rappresentava una soluzione pienamente satisfattiva per il datore di lavoro; da qui il rigetto del ricorso.


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