Per i costi pluriennali la rettifica da parte dell’Amministrazione è possibile solo se nell’esercizio di so-stenimento, ossia il primo di imputazione, il potere di accertamento non è ancora decaduto, a nulla rilevando le successive imputazioni annuali. È questo l’importante orientamento assunto recentemente dalla Corte di cassazione. Con la recente sentenza n. 9993/2018 i giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che in conformità dei principi affermati dalla Consulta (sentenza n. 352/2004), l’interpretazione della norma sulla decadenza non può lasciare il contribuente esposto all’azione esecutiva del fisco per termini eccessivamente dilatati. Ciò anche perché il contribuente è tenuto alla conservazione dei documenti per gli anni oggetto di possibile controllo. Per non violare questi principi, secondo i giudici di legittimità nell’ipotesi di costi la cui deducibilità è frazionata nel tempo, il computo della decadenza decorre dall’anno in cui è stato iscritto in bilancio il valore da ripartire. Perciò, se il Fisco non ha disconosciuto tale originaria iscrizione, le relative quote imputate negli esercizi successivi divengono deducibili. L’unica contestazione in tali periodi di imposta, può riguardare un’eventuale errata determinazione perché ad esempio imputata in misura superiore o malamente calcolata.