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Lavoratori distaccati all'estero, pubblicate le regole europee anti dumping

Pubblicato il 13 luglio 2018 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 9 luglio 2018, la Direttiva Ue 2018/957, che modifica la direttiva 96/71/Ce relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di prestazioni di servizi (cosiddette norme anti-dumping). Gli stati membri avranno tempo per recepire le nuove regole del distacco internazionale dei lavoratori fino al 30 luglio 2020.


La finalità della nuova disciplina europea è quella di garantire la protezione dei lavoratori durante il loro distacco in altri Paesi comunitari, rafforzando il principio di parità di trattamento. Pertanto, indipendentemente dalla normativa applicabile al rapporto di lavoro, le imprese devono garantire ai lavoratori distaccati nel loro territorio le stesse condizioni di lavoro e di occupazione relative alle regole legislative, regolamentari, amministrative, o collettive in materia di:

- tempi di lavoro (riposi, congedi retribuiti);

- retribuzione;

- fornitura di lavoratori temporanei;

- sicurezza, salute e igiene sul lavoro;

- condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;

- condizioni di alloggio (se fornito dal datore ai lavoratori lontani dalla sede abituale);

- indennità e rimborsi in materia di spese di viaggio, vitto e alloggio (limitatamente alle spese sostenute dai distaccati per spostarsi dal luogo di lavoro abituale a quello dove devono svolgere la prestazione).

La normativa europea mira, inoltre, a sancire una definizione unitaria della nozione di retribuzione. Secondo la direttiva ,quest’ultima è determinata da tutti gli elementi costitutivi della retribuzione resi obbligatori da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali, da contratti collettivi o da arbitrati che sono stati dichiarati di applicazione generale nello Stato membro in questione o altrimenti applicabili. Perciò, a tutti i lavoratori distaccati si applicheranno le norme del Paese ospitante in materia di retribuzione.


Gli Stati membri dovranno, inoltre, applicare anche i contratti collettivi regionali o settoriali, se di ampia portata e rappresentativi, finora applicati solo nel settore delle costruzioni.

Il testo fissa, poi, la durata del distacco a 12 mesi, con una possibile proroga di 6 mesi. Trascorso tale termine, il lavoratore può restare o lavorare nel Paese ospitante, ma dovrà a quel punto essere soggetto all'intera normativa sul lavoro vigente in quello Stato.


Con riferimento alla previdenza, invece, la direttiva sancisce che i contributi previdenziali per il lavoratore distaccato continuano ad essere pagati presso il Paese di origine solo per i primi 12 mesi (fino ad oggi si può arrivare a 24 mesi), ma nel caso in cui il prestatore di servizi presenti una notifica motivata, lo Stato membro in cui è prestato il servizio può estendere il periodo fino a 18 mesi. La suddetta riduzione è stata pensata allo scopo di disincentivare i distacchi fittizi, creati per fruire dei regimi contributivi meno onerosi in ambito comunitario.


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