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Nessun obbligo di tracciabilità per i rimborsi spese ai lavoratori

Pubblicato il 25 luglio 2018 Il Sole 24 Ore; Italia Oggi

Per le somme erogate a diverso titolo, quali gli anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori devono sostenere nell'interesse dell'azienda e nell'esecuzione della prestazione (per esempio rimborso spese viaggio, vitto, alloggio), non vige alcun obbligo di versamento con le modalità indicate dal comma 910 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018. Questo il punto centrale della risposta fornita dall'Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota numero 6201 del 16 luglio , a un quesito posto da Confindustria.

 

Il comma 910 ha stabilito che dal 1° luglio i datori di lavoro e i committenti devono provvedere al pagamento della retribuzione e di eventuali acconti della stessa unicamente con modalità tracciabili attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

- bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;

- strumenti di pagamento elettronico;

- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

- emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.


Di fatto, afferma l'Ispettorato, è lo stesso tenore letterale della norma a confermare la sussistenza dell'obbligo di tracciabilità unicamente per la corresponsione della retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, e non, invece, per il versamento di somme erogate a diverso titolo, quali i rimborsi spese per trasferte e gli anticipi di spese sostenute per conto del datore di lavoro o del committente.


Vi sono, infatti, elementi che, pur transitando dalla busta paga, non rientrano per i loro requisiti specifici nella nozione giuridica di “retribuzione”. Tra questi vi sono certamente i rimborsi spese cui fa riferimento la nota. Si tratta di erogazioni patrimoniali volte a rimborsare il lavoratore delle spese sostenute nell'ambito dell'esecuzione della prestazione nell'interesse del datore di lavoro, quali, appunto, le spese di vitto, alloggio e di viaggio. Ma non solo.


A parere della scrivente, per la stessa motivazione sono sottratti dall'obbligo di tracciabilità anche altri importi erogati ai lavoratori. Sappiamo bene, infatti, che in busta paga possono essere inseriti anche i pagamenti di prestazioni assistenziali (assegni per il nucleo familiare, indennità di malattia e maternità, eccetera) o di indennità di trasferta, spettante al lavoratore comandato temporaneamente a prestare la propria opera in luogo diverso da quello del normale svolgimento dell'attività lavorativa.


In tutte queste ipotesi, si tratta di somme che non rappresentano una retribuzione sotto il profilo fiscale e previdenziale e, proprio per questo motivo, non vengono travolte dal divieto di pagamento in contanti introdotto dal comma 910 della legge di bilancio.

Come sottolineato dall'Ispettorato nella nota del 16 luglio è proprio il dettato normativo a far propendere per tale interpretazione, poiché, come detto, il comma 910 fa esclusivo riferimento alla «retribuzione, nonché ogni anticipo di essa», non comprendendo, per l'effetto, elargizioni di denaro che tecnicamente non rientrino nella nozione di “retribuzione”.


Peraltro, l'omessa corresponsione proprio di alcune di queste indennità, come quella di maternità e di malattia o il trattamento previsto per gli assegni al nucleo familiare, è già sanzionata da specifiche disposizioni che ratione materia risultano, ad avviso di chi scrive, sicuramente speciali rispetto alla nuova ipotesi sanzionatoria prevista dal comma 913.

 

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